Mira al tuo futuro… e uccidilo.

Un soldato in tenuta da guerra imbraccia un mitragliatore e punta al cuore, o forse alla testa del suo obiettivo. Se riuscirà a colpirlo una nuova fioritura di orgogliosi italiani porterà con naturalezza l’attrezzatura del “soldato del terzo millennio” e guarderà al mondo da un mirino, pronto ad uccidere.

Nelle scuole, nelle piazze di tutto lo stivale l’Esercito chiama all’azione, chiama gli adulti, ma titilla i giovani dai 15 anni in su a usare la via dell’Esercito per fare scuola, a mettersi le stellette per approfittare della preparazione e il prestigio di una scuola che ti insegna “i valori dell’amicizia e della sana competizione” per entrare in una professione, sportiva o culturale, che ti darà stabilità e accesso a canali istituzionali e una solida propensione a servire la nazione.

La campagna promozionale è ministeriale e non sembra rendersi conto di cosa prospetta, impone, a quale morte lega la crescita e il futuro dei giovani.

Lo sguardo nel mirino non è solo mortifero per lo strumento a cui è collegato, è figlio della retorica della “scelta di campo” a cui è lo stesso pensiero militare che si inginocchia, quello del noi contro di loro, dei buoni e dei cattivi, dell’accesso concesso o negato, dell’esclusione e dell’appartenenza, garantita ai meritevoli.

Ed è con i meritevoli che lo Stato vuole dialogare e alla Scuola affida il compito di selezionarli. Per questo l’incessante campagna di penetrazione dell’esercito in aule, campus e atenei, per questo il ritorno ai giudizi sintetici, contro i quali il mondo della scuola e le associazioni si stanno battendo; delle penalizzazioni sulla condotta costruite per ottenere acquiescenza più che consenso (con meno di nove si perdono le borse di studio); la crescente diffidenza verso il lavoro di gruppo e la ricerca autonoma degli studenti, e il riorientare le classi alla LIM, come schermo dal quale proviene il sapere.

C’è un mondo che vuole la Pace, che sa che per averla bisogna costruirla e per costruirla innanzitutto praticarla, custodirla, accoglierla. E la Pace è multiverso, comunicazione e dialogo, curiosità e tenacia, apertura mentale e ricerca critica, e in una parola: reciprocità. La Pace in fondo è il desiderio che l’altro sia raggiunto dagli stessi diritti e cure che chiediamo per noi. E quando mira al futuro non lo fa guardando nel mirino.

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